venerdì 25 novembre 2011

Fuori dal coro

Quando le cose sono grosse e rotte, il rammarico giova sempre. Essere convinti a oltranza di stare dalla parte del giusto, nasconde la paura di sembrare normali. Mentre è esattamente lì che risiedono il potere della donna e dell'uomo: in un lungimirante equilibrio, che contempla il dubbio come un dono prezioso, la barca che lo traghetterà verso mari puliti.
Pubblichiamo, così, questo pezzo fuori dal coro. Che non ha una relazione precisa con quest'assunto, ma la precisione, i confini netti, spesso ci fanno inzaccherare i piedi.


E voi non siete un cazzo

Di Gianluca Merola

So esattamente da dove vengo e non lo dimentico.
So esattamente da dove vengo e me ne vanto.
E voi, coi vostri maglioncini delicatamente poggiati sulle spalle, non siete un cazzo. Perché non sapete cosa significhi guadarsi le mani e trovarci così tanti tagli da farle somigliare a un foglio su cui si è accanito un bambino armato di coltello; perché non sapete cosa significhi guardarsi la pelle delle braccia abrasa, scottata, striata di viola e blu; perché non sapete cosa significhi perdere tre chili in un turno di lavoro; perché non conoscete lo strazio di un urlo alle quattro del mattino che annuncia che le dita di qualcuno sono rimaste incastrate da qualche parte; perché non conoscete l'ansia mista a impotenza della corsa in ospedale con gli alberi che sfrecciano a duecento all'ora, il sedile del passeggero reclinato, e "non ti preoccupare, non è niente"; perché non conoscete il peso del gesto meccanico che si ripete all'infinito e si protrae nei sogni, inquinandovi il sonno; perché molti di voi non conoscono il peso di un regalo che non arriva, di un tempo da trascorrere insieme col proprio padre che tarda.
Gli occhi di mio padre, sì: due stanche macchie marroni piantate in un viso che oggi è il mio viso. E le sue mani: due piccole pale meccaniche che mi farebbero male anche adesso che ho superato i trenta. Credo siano state quelle mani a concepirmi e non il suo sperma. Mani fatte di carne, ossa, dolcezza e merda.
Quelle mani che hanno lavorato la soda caustica in Svizzera, alla stessa età in cui io giocavo con le biglie.
Le odio, certe sere, ma mai, e dico mai, mi sono indifferenti. Perché è da lì che sento di venire. E se anche delle volte sono state mani di un poco di buono, e se anche in sogno ancora mi capita di tornare indietro per fracassargliele col martello, io me ne vanto.
Me ne vanto e non abbasso gli occhi.
I vostri maglioncini annodati all'altezza del petto sono solo piccoli cappi. Non venite da nessuna parte. Surrogate le vostre sensibilità addossandovi fuori ai locali giusti, vi accaldate intorno a un bancone, e, se capita, vi date una coltellata perché "c'eravate prima voi".
Vi è indifferente il mare a quattro passi, con la luna dentro.
Neanche lo vedete.

Gianluca Merola