martedì 21 maggio 2013

Ancora su verità e diffamazione

Molti di voi già sapranno - se ne sta parlando molto in rete - della sentenza di condanna per diffamazione nei confronti della blogger Linda Rando, denunciata dalla casa editrice Zerounouno - 0111, per dei contenuti ritenuti offensivi pubblicati sul blog letterario Writer's Dream e per dei commenti al blog, considerati dal giudice come "aggravanti" la posizione di Linda Rando pur non essendone l'autrice.

Se invece non ne sapete nulla vi rimandiamo al preciso e approfondito post del Tropico del Libro.

Naturalmente, come molti altri, siamo preoccupati di questa sentenza che è un precedente pericoloso che non solo sposta la responsabilità dall'autore dell'eventuale diffamazione al titolare del blog o del forum che ospita la discussione, ma attribuisce a qualunque troll il potere di danneggiare un blog o l'autore di un blog sicuro della propria impunità.

Vorremmo quindi approfittare del dibattito in corso per aggiungere una riflessione e qualche consiglio pratico sulla questione della diffamazione e sul concetto di verità, spostando per un attimo l'attenzione sul senso di responsabilità e di civiltà degli utenti dei blog, perché quello che ci sta più a cuore, da sempre, è la consapevolezza e la coscienza dei propri diritti.


Quando gli autori che si rivolgono a noi sono scontenti del proprio editore perché adotta un comportamento scorretto o ha mancato di adempiere uno o più impegni contrattuali, solitamente ci chiedono di mantenere il riserbo per timore di subire ulteriori danni a causa di eventuali querele per diffamazione, oppure non si fanno troppi problemi e si esprimono anche pubblicamente tra i commenti di questo blog, a volte con eccessiva leggerezza nell'uso delle parole.

Tranne nel caso di un contenzioso ancora in corso, in cui a seconda della situazione talvolta effettivamente è più cauto non esprimersi pubblicamente fino a vicenda conclusa per non inasprire ulteriormente i rapporti con gli editori, scrivere la verità su uno spazio pubblico, NON è diffamazione se si rispettano alcune (tre) precise regole.

Ci sono due vicende editoriali che abbiamo seguito a questo proposito che lo dimostrano: due autori avevano scritto (uno sul proprio blog, un altro su un sito altrui) che i propri editori (Pequod e Il Filo) erano in ritardo con i pagamenti, e che nonostante i ripetuti solleciti continuavano a non pagare.

In entrambi i casi gli editori hanno querelato i due autori per diffamazione, ma si sono visti respingere la querela dal giudice, perché la verità NON è diffamazione.

Riprendiamo a questo proposito un'efficace sintesi pubblicata tempo fa su Bibliocartina: la Corte di Cassazione ha stabilito nel 2007, attraverso una serie di sentenze, che non sussiste la diffamazione se le affermazioni pubblicate rispondano a tre precise condizioni:

a) che la notizia pubblicata sia vera;

b) che esista un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti riferiti in relazione alla loro attualità ed utilità sociale;

c) che l’informazione venga mantenuta nei giusti limiti della più serena obbiettività.

Dunque, per quanto possiamo essere inferociti per un'ingiustizia subita da un editore inadempiente, se ci limitiamo a offenderlo dandogli del truffatore, della carogna o altri epiteti più offensivi o addirittura volgari, non solo non cambierà nulla, ma rischiamo anche di essere condannati a un risarcimento per danni alla reputazione in caso di querela. Se invece esprimiamo chiaramente le inadempienze reali e inequivocabili, evitiamo di usare toni eccessivi, e denunciamo un comportamento obbiettivamente scorretto, contribuiremo a diffondere l'informazione che di quell'editore non c'è da fidarsi, aiutando altri autori a non cadere nelle stesse trappole.

Vi facciamo subito un esempio/esperimento diretto, proprio a proposito della casa editrice che ha querelato Linda Rando, e cioè la Zerounoundici - 0111.

Negli ultimi tre anni di attività di consulenza legale per il blog Scrittori in Causa, abbiamo visionato diversi contratti di edizione della casa editrice Zerounoundici, bozze di contratto che l'editore aveva sottoposto agli autori e che noi abbiamo sconsigliato vivamente non solo di firmare, ma anche di prendere in considerazione. Questo perché i contratti della Zerounoundici che abbiamo visionato contengono diverse clausole evidentemente vessatorie e/o svantaggiose per gli autori. La verità non è diffamazione, perciò, documenti alla mano, vediamo alcune di queste clausole:

1 -  Nel caso in cui alla naturale scadenza del contratto le vendite non abbiano raggiunto le 250 unità, l’Editore ha facoltà di prorogare la durata del contratto per un tempo indefinito e comunque fino al raggiungimento di tale target.

Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con l'editoria, sa che purtroppo non esiste alcuna forma di controllo certo sulla rendicontazione di vendita stilata dagli editori. E che dunque, nello stilare i rendiconti, un editore poco onesto potrebbe facilmente dichiarare il falso, quindi meno copie di quante ne ha vendute realmente per pagare meno royalty all'autore. Che dire dunque di una clausola che vincola la durata del contratto al raggiungimento di un target di vendita di 250 copie quando non potremo mai essere sicuri della veridicità di un rendiconto che ci dice di non aver mai raggiunto il target? Inoltre, cosa ancora più grave, precisare che l'editore ha "facoltà di prorogare la durata del contratto per UN TEMPO INDEFINITO", è palesemente in violazione con l'art. 122 della Legge sul Diritto d'Autore (633/1941), che prevede per la cessione dei diritti di pubblicazione una durata massima di venti anni. A voi tirare le conclusioni su un editore che presenta una bozza di contratto che contiene una clausola del genere.

2 - Nel caso di inadempienze da parte dell’Autore (dicasi contenziosi): in questo caso, là dove l’Autore non adempia agli obblighi stabiliti, la proprietà dell’Opera diventerà di proprietà esclusiva dell’Editore, che potrà utilizzarla nei modi che riterrà opportuni, anche trasferendo ad altri i diritti acquisiti con il presente contratto e senza il consenso dell'Autore, che perderà quindi ogni diritto sull’Opera.

Sorvolando sull'inesattezza terminologica secondo la quale per questo editore il contenzioso coincide automaticamente ed esclusivamente con l'inadempienza dell'autore, andiamo al dunque e all'irregolarità di questa clausola: per tutelare i contraenti di un accordo contrattuale, il Codice di Procedura Civile contempla la possibilità di inserire nel contratto una clausola risolutiva espressa (art. 1456 CC), che cioè permetta a una delle parti, in caso di GRAVE inadempienza dell'altra, di risolvere il contratto tramite semplice comunicazione alla controparte fatto salvo l'eventuale risarcimento danni. La Zerounouno invece, va oltre, e pretende che, in caso di inadempienza da parte dell'autore, I DIRITTI ESCLUSIVI SULL'OPERA LE SIANO CEDUTI INTERAMENTE E SENZA LIMITAZIONE TEMPORALE, dunque non solo si tratta di una sorta di penale vessatoria perché decisamente sproporzionata (rispetto a un'inadempienza non meglio specificata che potrebbe quindi anche essere un semplice ritardo nella consegna delle bozze col "visto si stampi"), ma, ancora una volta, il contratto della Zerounouno è in contrasto con l'art. 122 della Legge sul Diritto d'Autore che prevede per la cessione dei diritti di edizione una durata massima di venti anni. Va da sé che nessuna persona con un minimo di buonsenso dovrebbe MAI firmare un contratto che comprenda una clausola del genere.

3 - Le provvigioni di cui sopra verranno riconosciute solo se le vendite totali raggiungeranno almeno le 250 copie (cumulative) nel periodo contrattuale.

Le provvigioni, cioè le royalty, verranno corrisposte all'autore solo se l'editore venderà più di 250 copie. Questo è un espediente abbastanza tipico con cui alcuni piccoli editori mettono il rischio imprenditoriale, che dovrebbe essere esclusivamente a carico dell'editore/imprenditore, sulle spalle degli autori. Non solo siamo in contrasto ancora una volta con la Legge sul Diritto D'autore (633/1941) che all'art. 118 definisce il contratto di edizione: «Il contratto con il quale l'autore concede ad un editore l'esercizio del diritto di pubblicare per le stampe, PER CONTO E A SPESE DELL'EDITORE STESSO, l'opera dell'ingegno», ma è chiaro che, visto quanto dicevamo sopra sull'arbitrarietà nello stilare i rendiconti, questo espone un autore al rischio di non essere pagato mai. Inoltre, è risaputo quando sia difficile per un piccolo editore vendere 250 copie di un autore sconosciuto, quindi il tetto delle 250 copie vendute per poter procedere a pagare l'autore, è un modo per evitare di pagare le royalty all'autore sulle poche copie certe che saranno probabilmente le uniche ad essere vendute.

Insomma, concludendo: nei contratti in nostro possesso della Zerounoundici (datati tra il 2010 e il 2011) sono incluse una o più delle tre clausole di cui sopra. Non solo, grazie a una segnalazione di Laura Schirru, scopriamo che queste clausole sono ancora presenti nel contratto standard che la casa editrice ha reso pubblico sul proprio blog, contratto che, per motivi che non ritiene utile precisare, la casa editrice dichiara di non essere disposta a trattare in alcun modo, dichiarando esplicitamente invece che se gli autori hanno qualcosa da ridire su tale contratto possono rivolgersi ad altri editori.

Possiamo dunque affermare che, in base alla documentazione in nostro possesso e in base a quanto riportato dalla casa editrice stessa sul proprio sito, la Zerounoundici sottopone agli autori un contratto standard che contiene clausole vessatorie, estremamente svantaggiose per gli autori, e in alcuni casi anche in contrasto con la Legge sul Diritto D'autore.
Come si pone questa nostra affermazione rispetto al rischio di querela per diffamazione? Serenamente, perché corrisponde a tutte e tre le condizioni perché la verità non sia diffamazione:

1) Possiamo provare che quanto affermiamo è la verità perché abbiamo copia delle bozze di contratto e perché il contratto standard della Zerounoundici è visibile sul sito dell'editore (a meno che non lo tolgano in seguito a questo post, ma in quel caso disponiamo comunque delle copie dei contratti del 2010 e del 2011).

2) Le nostre affermazioni sono di pubblica utilità, perché possono essere utili ad autori inesperti a individuare clausole svantaggiose e/o vessatorie che, in mancanza di esperienza in contrattualistica editoriale non sarebbero invece in grado di individuare.

3) Ci siamo espressi nella più serena obbiettività, senza bisogno di ricorrere all'insulto.

Invitiamo dunque tutti gli autori furiosi nei confronti di un editore inadempiente o che si comporta in modo scorretto, a non TEMERE mai di dire la verità ma di dirla senza perdere mai la calma, perché la verità può essere utile a mettere in guardia altri autori dalle stesse trappole, da comportamenti scorretti sopravvenuti solo dopo la firma del contratto, da inadempienze più o meno gravi da parte degli editori. L'importante è che la verità sia PROVABILE, SOCIALMENTE UTILE e ESPRESSA CON SERENA OBBIETTIVITA'.

Denunciare una bozza di contratto che contiene clausole vessatorie, il comportamento scorretto o l'inadempienza di un editore, è dunque GIUSTO E SACROSANTO. Basta stare attenti alle parole che si usano, basta dire la verità senza ricorrere all'insulto gratuito.

Carolina Cutolo

Grazie a Bibliocartina e a Laura Schirru

 Immagine tratta da un episodio della terza stagione della fortunata e pluripremiata serie tv americana Game of Thrones.