mercoledì 14 ottobre 2015

Il canto del cigno dell'editoria a pagamento

Finalmente, dopo anni di informazione e di battaglie all’editoria a pagamento, sta cominciando a passare il concetto che un editore che chiede soldi agli autori sotto qualunque forma, accaparrandosi al contempo i diritti sulle opere, non solo agisce in contrasto con la legge sul diritto d’autore (vedi art. 118 legge 633/1941), non solo propone agli autori accordi contrattuali contrari al minimo buonsenso, ma è anche sinonimo di danno, per l’autore e per il suo lavoro.

Giungiamo a questa conclusione per due motivi.

Il primo è che sempre più autori ci contattano non più a contratto firmato e contenzioso in corso, ma già fin dalla presentazione di bozze di contratto che contengono passaggi dubbi, clausole sospette, accordi che per gli autori sembrano significare che l’editore sta mettendo il rischio imprenditoriale sulle loro spalle, dunque ci scrivono chiedendoci conferma o smentita di tutto ciò. Questa nuova consapevolezza e prudenza degli autori, questi sacrosanti dubbi, confrontati con la massiccia e compulsiva tendenza a firmare qualunque tipo di contratto e a spendere qualunque tipo di cifra pur di vedersi pubblicati, ci rinfrancano e ci fanno augurare che sia solo l’inizio di un processo che vedrà un giorno tornare l’editoria a pagamento a quella nicchia minuscola che è sempre esistita, e che oggi funge da patetico alibi a questi cialtroni: “Anche i grandi scrittori hanno pubblicato a pagamento, Moravia, Svevo, Proust, Moccia: credi di essere migliore di loro?”.

Il secondo motivo che ci fa pensare che stia cominciando una fase di declino dell’editoria a pagamento, è la recente sofisticazione di molti di questi pseudo-editori nell’inventare formule sempre nuove e sempre più subdole per aggirare autori che evidentemente non ci cascano più con la facilità di prima. Per esempio, non di rado ultimamente ci capita di essere contattati da autori che ci dicono: un editore NON a pagamento mi ha sottoposto questo contratto ma non mi convince, voi cosa ne pensate? Noi leggiamo il contratto, ci troviamo clausole che di fatto mettono il rischio d’impresa sulle spalle degli autori (impegno all’acquisto di copie, pagamento delle royalty solo dopo tot copie vendute, ecc), andiamo sul sito dell’editore e troviamo in bella mostra nella home page frasi come: non siamo editori a pagamento.
Come cantava Corrado Guzzanti: “So’ boni tutti a mettece ‘na scritta, so' bono pure io”.

Per comprendere meglio in che forme ridicole e disperate sono capaci di esprimersi editori a pagamento che cominciano a percepire l’inizio della fine, racconteremo oggi l’esperienza diretta di un autore che ci ha raccontato la sua storia e ci ha autorizzati a utilizzarla per mettere in guardia altri autori da questo tipo di trappola, nella quale ultimamente ci siamo imbattuti talmente spesso che riteniamo utile e rappresentativo raccontarla.

Tutto comincia quando l’autore in questione, dopo aver inviato una sua raccolta inedita di poesie a un editore, riceve non già una bozza di contratto, ma una vaga proposta di pubblicazione in cui si precisano alcune condizioni tra cui la seguente:

L’editore proporrà una forma di collaborazione simbolica, con il pre-acquisto (e pagamento anticipato) di quello stesso numero di copie che lei acquisterebbe a stampa avvenuta (non vi sarebbe, naturalmente, alcun minimo da rispettare).
Tutto, per ora. Se è interessato, ci faccia sapere e le invieremo un contratto-standard in visione. Complimenti e saluti”.

Facciamo notare alcune espressioni chiave: 

Collaborazione simbolica – Puzza di zolfo: diffidare sempre di un editore che usa il termine “collaborazione”, diffidare ancora di più se accompagnato dall’aggettivo “simbolica”, come a minimizzare le richieste che seguono. 

Pre-acquisto (e pagamento anticipato) – Allarme rosso: l’editore non muove un dito se PRIMA non vede i soldi dell’autore. 

Non vi sarebbe, naturalmente, alcun minimo da rispettare – Fumo negli occhi: se non c’è minimo non c’è obbligo, quindi basta declinare gentilmente l’offerta, no? No. Smentiremo questa considerazione tra poco grazie al carteggio fornito dall’autore. 

Contratto-standard – Non esiste un contratto di edizione standard, se esistesse sarebbe un contratto nazionale degli autori, al pari di quello dei traduttori e dei grafici su cui da tempo sta lavorando il sindacato traduttori Strade (e si auspica che un vero sindacato scrittori prima o poi sorga a far nascere una trattativa simile anche per gli autori), ma finché non esisterà un contratto nazionale di categoria, “contratto standard” è un’espressione usata (e abusata) dagli editori in malafede per abbindolare autori inesperti convincendoli che si tratta di accordi corretti, normali, e per giustificare il fatto che dunque su quel contratto non sono disposti a cambiare una virgola, mentre la trattativa prima della firma di un contratto è una fase normalissima e sacrosanta in cui l’autore, essendo il contratto stilato esclusivamente dalla controparte, presenta alcune richieste di modifica atte a migliorare l’accordo, trattando fino a che il contratto non sia il più possibile soddisfacente per entrambe le parti. 

Complimenti – I complimenti di un editore a un autore per il solo fatto che gli propone la pubblicazione sono un’espressione viscida e narcisistica che sta a significare: se ti scegliamo, se decidiamo che sei bravo, che sei all’altezza di pubblicare con questa casa editrice, è solo perché NOI siamo bravi. Insomma: con questi complimenti l’editore centra due obbiettivi: lusingare l’autore e autocompiacersi.

Ma torniamo alla vicenda. L’autore, interdetto dalla vaghezza della formulazione circa il pre-ordine e l’acquisto anticipato di copie del libro, scrive all’editore per essere sicuro di aver capito bene e per chiarire senza ombra di dubbio di avere la facoltà di NON pre-ordinare alcuna copia.
Ecco la risposta dell’editore: 

Gent. mo,
non mi aspettavo questa domanda: nella nota è chiaramente indicato che per il preacquisto non c'è obbligatorietà né minimo da rispettare: lei potrebbe, senza alcun problema per noi, anche accontentarsi solo delle tre copie che, per contratto, inviamo in omaggio all'autore. Sarebbe il primo, ma andrebbe bene uguale.
Scusi ancora, ma lei si è rivolto a noi, non conoscendo il nostro livello e le  nostre buone  pratiche editoriali? Tra l'altro, non sono pochi i poeti della sua zona nel nostro catalogo che avrebbe potuto consultare prima.
Comunque, decida per il suo meglio. I più cordiali saluti.
 


L’editore dunque ribadisce la NON obbligatorietà dell’acquisto, salvo fare la vittima (sarebbe il primo, ma andrebbe bene uguale…) e risentirsi perché l’autore evidentemente non si è prima informato circa le buone pratiche dell’editore consultando autori della sua zona che hanno pubblicato con quella stessa formula. Informato? Ma non è l’editore l’unico e solo che può informare un autore? Secondo questo editore, per accettare una proposta di pubblicazione gli autori invece di chiedere chiarimenti sulle condizioni della proposta a colui che l’ha redatta, e cioè all’editore, devono informarsi in giro. Andiamo bene. 

Il nostro autore a questo punto tenta una risposta educata, del tutto finalizzata a un chiarimento: 

Gentile X,
la prego di non essere amareggiato per la mia risposta. Nella brevità del mio scritto non vi era nessun interesse a giudicare male il vostro operato (del quale ho sempre sentito parlare ottimamente, altrimenti non avrei mandato lo scritto). Deve sapere che quando parlo con altri autori non chiedo mai se l'editore è a pagamento, se non lo è, se chiede acquisto copie (es. minimo 100 copie), ecc. Mi sembra un'invasione nei fatti privati dell'autore. La qualità o meno l'ho sempre giudicata dal catalogo e dal libro stesso.
Quanto alla domanda che ho fatto, il motivo: non è mia usanza tenere copie. E nella nota si fa riferimento al pre-ordine come si fa riferimento a copie acquistate dopo la stampa. In sintesi: pareva che o prima o dopo le copie sarebbero state da acquistare.
Resto comunque a disposizione a proseguire il dialogo.
Cordialmente
 

E qui, finalmente, l’editore si svela per quello che è: 

Mi creda, non sono affatto amareggiato, ma un po' stupito. E ancor più dopo la sua risposta. Dunque, le è stato riferito che lei ha buone qualità, ma che bisogna pur intervenire (e, naturalmente, sarebbe stato un lavoro fatto benevolmente e gratuitamente). Le si offre l'opportunità di entrare, finalmente, nel catalogo di un editore considerato tra i maggiori italiani per la poesia e lei ci informa che non è abituato a tenere copie. Lo sconcerto non attiene, è ovvio, alle 4 lire che dovrebbe spendere per acquisire prima o dopo qualche copia, ma nel fatto che in questo modo lei dimostra di non avere alcuna intenzione/interesse di promuovere la sua opera inviando testi ad amici, critici, altri poeti che pure conoscerà. Insomma, gentilissimo, potremmo capire che lei sia un poco guardingo per avere avuto infelici esperienze con editori a pagamento od anche che la formula del preacquisto (sia pure di 5-6 copie) non le vada a genio, ma a me pare che lei sia, dal punto di vista editoriale, proprio un peso morto. E, vista la fila che abbiamo (per buona parte, di qualità), preferiamo selezionare uno più sensibile alle ragioni di cui sopra.
Augurandole le migliori fortune, la saluto cordialmente.
 


Ma come, il pre-acquisto è facoltativo ma se non accetti sei UN PESO MORTO? Dunque possiamo immaginare tutti questi autori che stanno facendo LA FILA per pubblicare con l'EDITORE CONSIDERATO TRA I MAGGIORI ITALIANI, non come pesi morti, ma quali attivissimi contribuenti al bilancio dell’editore grazie al fatto che sono disposti a pre-acquistare, pagando in anticipo, tot copie del proprio libro.
Quello che smaschera definitivamente e innegabilmente la completa malafede e scorrettezza dell’editore è che nel momento in cui l’autore esercita la facoltà, ribadita dall’editore stesso, di non procedere ad alcun pre-acquisto di copie, l’editore RITIRA L’OFFERTA.

Pubblichiamo a questo punto uno stralcio dalla risposta dell’autore, perché la riteniamo un buon esempio della serena capacità di rinunciare a una pubblicazione se significa sottostare ad atteggiamenti ambigui e accordi dannosi, di rifiuto della retorica vittimista e megalomane degli editori a pagamento, e della consapevolezza non solo dei propri diritti, ma anche del funzionamento reale dell’editoria degna di questo nome, in barba alle false letture e pessime prassi che questi pseudo-editori cercano, sempre più disperatamente, di far passare per “standard”. 

Ma come? Prima non c'è obbligatorietà né minimo da rispettare, poi si innervosisce se non si comprano le copie? Provo inoltre molta pena nel leggere dalle sue frasi che l'autore deve fare pure il lavoro di promozione che di solito spetta all'ufficio stampa della casa editrice (sempre che ve ne sia uno, s'intende). In dieci anni di pubblicazioni ho sempre lavorato con piccoli editori ma dagli uffici stampa dignitosissimi, che inviavano informazioni e copie libro a riviste, critici, premi, ecc.  Infine la sua reazione furiosa e immotivata la posso giustificare solo così: lei se ne è andato per la tangente, perdendo vergognosamente il controllo, perché ha capito che non ero interessato a comprare un numero consistente di copie (... altro che 4 lire...) in modo da sponsorizzarvi.
Viste le premesse, il caso imbarazzante che ha montato, e il suo non sapersi relazionare, sono lieto quindi di non avere più nulla a che fare con voi.
Cordiali saluti e i migliori auguri per il suo lavoro. 

Ricordiamo a tutti, infine, che in Italia ci sono moltissimi piccoli editori seri, professionali, rispettosi degli autori e appassionati del proprio lavoro, editori che spesso sopravvivono con grande difficoltà ma preferirebbero chiudere i battenti piuttosto che chiedere soldi agli autori sotto qualunque forma. Bene, ogni volta che un autore accetta di pubblicare a pagamento non solo danneggia se stesso e le proprie opere, ma anche questa parte sana e culturalmente viva della piccola editoria italiana che invece è importantissimo che non solo sopravviva, ma cresca e si imponga definitivamente sull'editoria a pagamento come unica forma possibile di pubblicazione con un editore indipendente. Tanto più nella prospettiva di monopolio che si sta consolidando proprio in questi giorni.

Dunque, combattere l'editoria a pagamento e la mala-editoria dipende da tutti noi: se un editore vi sottopone una bozza di contratto, inviatecela via email all'indirizzo scrittorincausa@gmail.com: la analizzeremo per voi, vi aiuteremo a individuare eventuali trappole, vi sconsiglieremo di prenderla in considerazione se presenta elementi di chiara malafede e scorrettezza, e se invece ci risulterà effettivamente una proposta onesta vi assisteremo nella trattativa sul contratto per migliorare il più possibile l'accordo a vostro favore e a vostra tutela prima di firmarlo.

Buona scrittura e buone pubblicazioni
Carolina Cutolo